Amicizia fraterna. Seconda parte

Anteprima(si apre in una nuova scheda)

Dio, se ci forma attraverso i nemici e le difficoltà che ci fa incontrare (in ebraico, “nemico”, “difficoltà” e “formare” si esprimono con parole che hanno in effetti radici molto vicine: rispettivamente,  tzar צַר , tzarah צָרָה e yatzar יָצַר), attraverso la dolcezza degli amici ci ricrea e parla positivamente al nostro cuore. Certamente non solo per approvarci, ma sempre per darci qualcosa che subito (o quasi subito) riconosciamo come un bene. Perché dagli amici, di solito, ci sentiamo compresi e anche amati.

Nell’amico riconosciamo le profondità del nostro cuore. Ascoltandolo e parlando con lui, i nostri stessi pensieri e sentimenti ci diventano più chiari. Perché “come il viso si riflette nell’acqua, così il cuore dell’uomo [‘adam אָדָם, cioè “l’essere umano, maschio e femmina”] si riflette nell’uomo.” (Proverbi, 27:19).

Con gli amici condividiamo i nostri interessi, che a volte non sono che un pretesto per parlare assieme sapendo di essere reciprocamente ascoltati e, di base, apprezzati. Anche solo per stare assieme, gli amici al bar o in salotto parlano di di cinema, di macchine, di sport, di politica, o di letteratura… ; in altri contesti comunitari si parla delle Sacre Scritture, di libri spirituali, o di altre esperienze. A tu per tu, si parla più spesso dei rapporti con gli altri, dei propri problemi, delle proprie riflessioni o delle conclusioni a cui è arrivati meditando sul senso della vita, e si cerca di definire assieme una comune identità. Un “noi” in cui riconoscersi, come coppia, come famiglia, come chiesa, come gruppo di amici.

Continue reading →

Amicizia fraterna. Prima parte

cristoforo-moro-small

Come insegna la proverbiale rima tra fratelli e coltelli, non è per niente scontato che i fratelli tra di loro si vogliano bene. Si è, di solito, figli degli stessi genitori, ma, sempre di solito, si è anche nati in diversi momenti della loro vita e si è avuto ognuno un diverso rapporto con ciascuno dei due. Inoltre, sempre salvo casi eccezionali, anche il patrimonio genetico ereditato è abbastanza diverso. Così, se da una parte con i propri fratelli si è legati da un’identità più forte che con qualunque altro essere umano, dall’altra però le differenze di trattamento, di esperienze e di corredo cromosomico, se mal gestite, possono portare anche a terribili conflitti, e fratricidi.

“Un fratello offeso è più inespugnabile di una fortezza; e le liti tra fratelli sono come le sbarre di un castello.” (Proverbi 18:19).

Nella Bibbia vediamo che i primi due fratelli di cui abbiamo notizia non andavano molto d’accordo: non sappiamo quali fossero i sentimenti di Abele, ma certamente Caino non gli voleva tanto bene. La stessa cosa ci è detta dei primi due figli di Abraamo (Ismaele e Isacco), dei due figli di Isacco (Giacobbe ed Esaù), e anche dei figli di Giacobbe, in particolare tra Giuseppe e i suoi fratelli, le cose non sono andate sempre lisce.

Anche tra fratelli in Cristo non è così scontato che ci si ami veramente. Tanto è vero che quello di amarci gli uni gli altri Gesù ha dovuto darcelo come un comandamento, e un comandamento nuovo (Giovanni, 13:34).

Eppure, se amiamo il Padre, dovremmo amare anche gli altri suoi figli, non solo perché, come ha scritto l’apostolo Giovanni, non possiamo dire di amare Dio che non vediamo se non amiamo il fratello che vediamo (1Giovanni, 4:20), ma anche perché sappiamo bene che un padre che ama i suoi figli è felice di vedere che anche i figli si amano tra di loro.

Spesso, però, anche nella famiglia della fede, l’amore per il nostro Padre celeste non è sufficientemente forte da farci superare l’antipatia, l’invidia, o altre cause di rivalità e di disamore. E noi, per giustificarci del fatto che non amiamo i nostri fratelli, protestiamo che non possiamo mica essere amici di tutti.

Continue reading →

Acquista verità, e non la vendere

 

crop-christ-driving-the-merchants-from-the-temple-1511

Il libro dei Proverbi, scritto dal re Salomone per dare istruzione e accorgimento alle future generazioni, è pieno di importanti e accorate esortazioni, alcune delle quali mettono in questione gli aspetti più profondi della vita interiore, in particolare di quella degli intellettuali. Come il consiglio da cui è tratto il titolo di questo articolo, al contempo di fondamentale importanza per la nostra felicità e praticamente impossibile da seguire.

Continue reading →

Speranza e malinconia

speranza-e-cupidigia

Anche se viviamo nel presente, viviamo non tanto delle cose che sono successe e succedono ora, ma soprattutto delle cose che possiamo aspettarci che succedano in un futuro più o meno prossimo: è dal tipo di cose che ci aspettiamo che dipende la qualità della nostra vita. Quando, per una ragione o per l’altra, non ci importa più di quello che potrà succedere nel futuro, poco a poco ci lasciamo morire.

Così, oltre che di risolvere i problemi presenti, spesso ci preoccupiamo per quelli futuri. Anzi, per lo più, i nostri problemi presenti consistono proprio nella ricerca più o meno affannosa di strumenti (tipicamente, soldi o conoscenze) per risolvere i problemi che non si sono ancora presentati, ma che pensiamo potrebbero farlo.

Come cambia tutto questo quando crediamo a Gesù?

Continue reading →

Buona e cattiva coscienza

conscience

La fede in Gesù come Signore e salvatore ci porta a cambiare il modo in cui percepiamo il nostro hic et nunc, ma, dicevamo, con Cristo entriamo nella luce (“Risvegliati tu che dormi … e Cristo ti inonderà di luce!”; Efesini, 5:14), e così, per mezzo della fede in quello che ci ha detto e in quello che ci ha fatto, riusciamo a guardare con fiducia anche oltre il nostro orizzonte immediato; acquistiamo cioè un nuovo sguardo, sia sul nostro futuro, sia sul nostro passato.

In realtà non si tratta solo del nostro sguardo o del nostro sapere. Il passato influisce sulla nostra condizione presente perché la nostra condizione presente è effettivamente conseguenza delle scelte che abbiamo fatto. Paolo ha scritto che “il salario del peccato è la morte” (Romani, 6:23a). Così, se si scelto la via del peccato, il risultato non può essere la vita. Nel suo primo salmo Davide definisce la felicità come la condizione di chi “non ha camminato secondo il consiglio degli empi, non si è fermato sulla via dei peccatori e non si è seduto in compagnia degli schernitori” (Salmi, 1:1; nel testo originale, a differenza delle principali traduzioni moderne, tutti questi verbi sono al tempo al passato). Così se in passato abbiamo camminato per la via sbagliata, nel presente non possiamo attenderci la felicità. Ma, continua l’apostolo Paolo, “il dono di Dio è la vita eterna, in Cristo Gesù, nostro Signore.” (Romani, 6:23b). Se il nostro passato ci incastra in una condizione di prigionia e schiavitù (Giovanni, 8:34), la parola di Dio ci offre invece una duratura liberazione.

Continue reading →

Fede e paura

emunah

Il SIGNORE parla dall’eternità rivolgendosi a noi che siamo nel tempo, in modo che, ascoltando la sua parola, possiamo anche  noi entrare a far parte della sua realtà eterna. Difatti Gesù, riferendosi al Salmo 82, ha ricordato che, secondo le Scritture, coloro a cui è rivolta la parola di Dio,  seppure mortali, sono figli di Dio, sono cioè essi stessi Dio (Giovanni 10:35). Perché, com’è scritto all’inizio del Vangelo di Giovanni, la parola, che è Dio, è rivolta a Dio (πρὸς τὸν θεόν). Chi ascolta la parola è quindi chiamato a partecipare a una realtà che non cambia, perché è divina e contiene in sé  la forma di ogni cambiamento (della parola è infatti scritto che “ogni cosa è stata fatta per mezzo di lei; e senza di lei neppure una delle cose fatte è stata fatta” Giovanni, 1:3). E di Gesù, la parola di Dio, è anche detto che rimane “sempre lo stesso, ieri, oggi e in eterno” (Ebrei 13:8).

Cambiamenti

Noi però cambiamo. Anzi, se vogliamo entrare nel regno dei cieli, dobbiamo cambiare  (Matteo 18:3). Dobbiamo cambiare, certo (altrimenti periremo tutti; Luca, 13:4), ma non nella direzione in cui scivoliamo inarrestabilmente per il semplice fatto che siamo nel tempo e siamo perciò soggetti ai cambiamenti (esteriori e interiori) che ci portano verso la morte. L’invito che ci rivolge l’eterna parola di Dio è ad ascoltare ciò che ci viene detto dall’eternità per cambiare nella direzione giusta, cambiando, cioè, innanzitutto direzione di marcia e, anziché progredire nella conoscenza del potere della morte, sforzarsi di conoscere la vita e la potenza della resurrezione che sono in Dio.

Continue reading →

Non fatevi tesori sulla terra…

non-fatevi-tesori-in-terra

Per spiegare perché non dobbiamo farci tesori sulla terra, Gesù, nel lungo discorso che – all’inizio della sua predicazione – ha tenuto ai discepoli raccolti in cima a un monte, aggiunge le seguenti relative: “… dove il tarlo e la ruggine consumano, e dove i ladri scassinano e rubano.” (Matteo, 6:19).

Queste parole ci mostrano la terra per quello che è: un posto dove non c’è nulla che sia veramente sicuro per noi. In qualche misura, possiamo pensare che lo sapevamo già. Infatti, anche se a volte ci culliamo nell’idea che esistano dei “beni rifugio”, bastano le immagini di un terremoto o di qualche catastrofe ecologica, o ancora il ricordo di qualche crisi finanziaria, perché ci possiamo rendere abbastanza bene conto del fatto che sulla terra non c’è proprio niente che possa essere economicamente del tutto sicuro. Ma, come vedremo meglio tra poco considerando il consiglio positivo del Signore di farci dei tesori in cielo, è chiaro che Gesù non ci parla solo delle cose che si vedono, soprattutto non ce ne parla solo in vista di quelle stesse cose. Non ci dice solo di spostare i nostri investimenti dalla terra al cielo: la terra e il cielo non possono contenere lo stesso tipo di cose. Sono quindi le cose stesse a cui diamo importanza che devono cambiare, se veramente vogliamo essere discepoli di Cristo.

Continue reading →

La scelta del Re

remb_saul-david_crop

Dio ci rivolge la sua parola perché anche noi ci rivolgiamo a Lui e non guardiamo più il futuro con gli occhi del passato, ma semmai impariamo a guardare alle cose che sono successe attraverso la parola profetica (“una lampada che splende in luogo oscuro”, come è descritta in 2Pietro, 1:19), che ci insegna a vivere in vista di quelle “che devono avvenire tra breve” (Apocalisse, 1:1). Infatti, le cose che sono successe nel passato sono accadute e sono state scritte nella Bibbia per nostro ammaestramento (1Corinzi, 10:11), cioè perché non viviamo e non facciamo più le nostre scelte basandoci su quello che la carne ha provato e può provare ancora, ma seguiamo piuttosto il desiderio dello spirito, in quanto la parola di Dio ci dà una nuova speranza e un nuovo desiderio che vengono da un futuro completamente diverso dal nostro passato e dalle aspettative che ne possiamo derivare: “Non ricordate più le cose passate, non considerate più le cose antiche: Ecco, io sto per fare una cosa nuova; essa sta per germogliare; non la riconoscerete? Sì, io aprirò una strada nel deserto, farò scorrere dei fiumi nella steppa” (Isaia, 43:18-19).
Saul e Davide, i primi due re di Israele, rappresentano due opposti atteggiamenti di fronte alla parola di Dio e alla vita. Saul è il tipo del re chiesto dagli uomini per ottenere potenza davanti agli uomini (1Samuele, capp. 8 e 9) e infatti esprime l’atteggiamento dell’uomo naturale che si lascia guidare da quello che vede e che sente, obbedendo così solo parzialmente alla parola di Dio. Davide invece è il tipo del re scelto dal Signore, che “si è cercato un uomo secondo il suo cuore” (1Samuele, 13:14), un uomo che, a sua volta, cerca il regno di Dio.

Continue reading →

Recuperare il tempo perduto. Seconda parte

 

Tempo per l’eternità

È scritto nei Salmi: “Lo stolto ha detto in cuor suo: Non c’è Dio” (Salmi, 14:1). Davide qui non parla di quelli che si dichiarano atei, ma di quelli che vivono come atei, anche se magari non si professano tali. Chi dice in cuor suo che Dio non esiste lo dice perché vive e vuole vivere badando solo a quello che si può conoscere attraverso i sensi, e che, essendo nel tempo, deve necessariamente passare (2Corinzi, 4:18). Il che, in qualche misura, capita a tutti quanti.

Anche se pensiamo che Dio non esista, riflettendoci un attimo dovremmo però renderci conto del fatto che il tempo passa rispetto a qualcuno e a qualcosa che rimane. Noi stessi, intanto (o meglio, la nostra coscienza). Ma pure noi cambiamo e, del resto, l’orizzonte del nostro sapere è assai limitato. Per questo, dovremo dirci che faremmo bene ad ascoltare una parola che procede dai tempi antichi e che continua ad avere senso e a parlare delle cose che ci avvengono oggi (2Pietro, 1:19), e che ci viene rivolta appunto perché ci ridimensioniamo alla nostra reale posizione nello spazio e nel tempo. Continue reading →

Recuperare il tempo perduto. Prima parte

Guadagnare tempo

Scrive Paolo ai credenti di Efeso: “State quindi molto attenti a come vi comportate; non da stolti, ma da saggi; recuperando il tempo perché i giorni sono malvagi. Perciò non agite con leggerezza, ma cercate di  capire bene quale sia la volontà del Signore. Non ubriacatevi! Il vino porta alla dissolutezza” (Efesini, 5:15-18). Qui – e in Colossesi 4:5 (“Comportatevi con saggezza verso quelli di fuori, ricuperando il tempo”) – l’apostolo usa un’espressione idiomatica che appare una volta anche nella versione greca delle Sacre Scritture ebraiche (la Versione dei Settanta, nota anche come Septuaginta, che è stata realizzata in epoca ellenistica). L’espressione viene usata per rendere le parole del re Nabucodonosor ai maghi e ai sapienti di corte, ai quali aveva ordinato di fornirgli non solo l’interpretazione di un sogno che aveva fatto, ma anche il sogno stesso, che non aveva rivelato a nessuno di loro (e che Daniele gli racconterà e gli interpreterà per rivelazione divina). Siccome i maghi, terrorizzati dalla minaccia di morte, avevano chiesto che per favore il re li mettesse in condizioni di fornire l’interpretazione raccontando loro il suo sogno, “il re replicò e disse: Io mi accorgo che voi volete guadagnare tempo, perché avete sentito la decisione che ho preso” (Daniele, 2:8). Continue reading →