
[Genesi, 2]
1 Così furono compiuti i cieli e la terra e tutto l’esercito loro.
2 Il settimo giorno, Dio compì l’opera che aveva fatta, e si riposò il settimo giorno da tutta l’opera che aveva fatta.
3 Dio benedisse il settimo giorno e lo santificò, perché in esso Dio si riposò da tutta l’opera che aveva creata e fatta.
Così furono compiuti i cieli e la terra
La conclusione della cosiddetta “settimana della creazione” è stata sistemata all’inizio di un nuovo capitolo, giusto prima del punto in cui inizia la storia della formazione dell’uomo. Come il primo verso del primo capitolo fa da titolo al resto del capitolo, i primi versi del secondo capitolo anticipano la conclusione di tutta la storia che sta per cominciare e che non si è ancora conclusa, se non per la rivelazione concessa a chi ama Dio e crede alla sua parola.
L’opera di Dio si è infatti conclusa in sei giorni, ma non è scritto da nessuna parte che noi uomini siamo già arrivati alla conclusione di quest’opera. L’apostolo Paolo, al contrario, parlando di se stesso afferma chiaramente: “non che io abbia già ottenuto tutto questo o sia già arrivato alla perfezione; ma proseguo il cammino per cercare di afferrare ciò per cui sono anche stato afferrato da Cristo Gesù” (Filippesi, 3:12). D’altra parte, nemmeno sta scritto da qualche parte che il sesto giorno sia già concluso e che noi siamo entrati nel settimo giorno, di cui parla questo verso, il giorno cioè in cui i cieli e la terra sono stati compiuti.
L’affermazione del compimento dei cieli e della terra con cui inizia questo nuovo capitolo ha causato molti fraintendimenti e una grave separazione tra uomini di scienza e uomini di fede. La lettura di questo e di altri testi sacri senza la rivelazione che viene dalla totalità della parola di Dio, ha portato gli studiosi dell’età moderna a un equivoco che dura fino ad oggi, alla convinzione cioè che la Bibbia ci dica che ciò che è stato creato ed è sotto i nostri occhi è stato creato durante una divina settimana che ha preceduto la nostra storia, una settimana durante la quale le cose sono state create in modo da non cambiare più. Fenomeni reali come le macchie solari, le esplosioni delle supernovae, le trasformazioni delle nebulose che ne derivano, e anche, sulla Terra, i cambiamenti delle specie dei diversi organismi vegetali ed animali, così come sono stati comprovati dai reperti fossili e dalla biogeografia, sono diventati pietre di inciampo per la fede nelle divina ispirazione delle Scritture.
La Bibbia però non ci dice che le cose create siano state create per rimanere fisse com’erano. Davide ha anzi scritto: “il mio aiuto viene da [ed è assieme a] Colui che è [il SIGNORE] che fa i cieli e la terra” (Salmi, 121:2). Il testo usa proprio il tempo presente (esriy me-yim YHWH ‘oseh shamayim va’arez עֶזְרִי מֵעִם יְהוָה עֹשֵׂה שָׁמַיִם וָאָֽרֶץ), come se il lavoro fosse ancora in corso. Ed effettivamente, dal punto di vista del nostro bisogno, possiamo ben dire che l’opera della creazione non è ancora finita e che anzi c’è ancora tanto da fare. Se da una parte è vero quello che lo stesso Davide scrive in un altro salmo, dove afferma: “Il SIGNORE è il mio pastore, nulla mi manca” (Salmi, 23:1), dall’altra vediamo che siamo invece ancora mancanti in tante cose. La perfezione non è di questa vita, anche se è in questa vita che dobbiamo sforzarci di ottenerla (Matteo, 5:48). Dobbiamo ancora essere perfezionati, altroché se lo dobbiamo! Giacomo al principio della sua lettera scrive a tutta la chiesa: “Fratelli miei, considerate una grande gioia quando venite a trovarvi in prove svariate, sapendo che la prova della vostra fede produce costanza. E la costanza compia pienamente l’opera sua in voi, perché siate perfetti e completi, di nulla mancanti” (Giacomo, 1:3-4).
Durante l’ultima cena, dopo aver parlato con i suoi discepoli di quello che stava per succedere, Gesù ha detto loro: “ho ancora molte cose da dirvi; ma non sono per ora alla vostra portata” (Giovanni, 16:12). C’era ancora qualcosa che il Figlio dell’uomo doveva fare perché l’opera di Dio fosse veramente compiuta e noi uomini potessimo entrare alla presenza del Padre. È stato infatti solo il giorno dopo, sulla croce, che Gesù, prima di rendere lo spirito, ha anche lui affermato: “È compiuto” (Giovanni, 19:30). Ma anche il sacrificio che Cristo ha compiuto sulla croce non è efficace per noi se non crediamo che in quel sacrifico l’opera di Dio è stata veramente compiuta e non impariamo a vivere con questa certezza.
Per essere discepoli di Gesù dobbiamo prendere anche noi ogni giorno la nostra croce, scegliendo cioè quello che naturalmente tenderemmo a rifiutare (Matteo, 10:38 e parall.; Giovanni, 21:18). Gesù ci ha detto di prendere la nostra croce, perché ogni giorno sta a noi fare diventare nostra la scelta di obbedienza che Cristo ha compiuto per darci un esempio. In questo modo il compimento dell’opera di Dio si realizza anche nella nostra vita, come si è realizzato in quella di Cristo: per amore, cioè non per forza, né per obbligo, ma per lo Spirito del Signore (Zaccaria, 4:6).