Prima parola: non avere altro Dio oltre al SIGNORE

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Esodo, 20:2-3 Io sono il SIGNORE, il tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla casa di schiavitù. Non avere altri dèi oltre a me.

All’inizio del suo servizio, Mosè aveva chiesto a Dio di fargli sapere il suo nome, per poterlo riferire ai figli di Israele ai quali veniva mandato. “Dio disse a Mosè: Io sono colui che sono (‘ehyeh asher ‘ehyeh אֶֽהְיֶה אֲשֶׁר אֶֽהְיֶה). Poi disse: Dirai così ai figli d’Israele: l’IO SONO (‘ehyeh אֶֽהְיֶ֖ה) mi ha mandato da voi. Dio disse ancora a Mosè: Dirai così ai figli d’Israele: Il SIGNORE, il Dio dei vostri padri, il Dio d’Abraamo, il Dio d’Isacco e il Dio di Giacobbe mi ha mandato da voi. Tale è il mio nome in eterno; così sarò invocato di generazione in generazione” (Esodo, 3:14-15). Dio si presenta come il SIGNORE. Questa espressione tutta in maiuscolo, nella Versione Riveduta che stiamo utilizzando, traduce il tetragramma YHWH יהוה, un nome che gli ebrei da molti secoli non osano pronunciare (ne riparleremo presto) e che per questo non è chiaro come debba essere vocalizzato. Il senso di questo nome è comunque connesso al verbo “essere” (hayah הָיָה). In una delle sue possibili vocalizzazioni, il tetragramma potrebbe, morfologicamente, essere una forma del presente, che in ebraico per il verbo essere non esiste (normalmente viene sottinteso, o sostituito da un pronome).

Questo misterioso nome, comunque, già utilizzato nei secoli precedenti, è qui per la prima volta interpretato per Mosè come “Io sono colui che sono”, dove “Io sono” (‘ehyeh אֶֽהְיֶ֖ה) è coniugato all’imperfetto (un tempo che in ebraico serve anche da futuro, perché è una sorta di tempo dell’eternità). Il sintagma di Esodo, 3:14 può quindi essere tradotto “io ero quello che sarò” o anche “io sarò quello che ero”. Nel greco dell’Apocalisse, il nome del Signore viene infatti reso come “Colui che era, che è, e che viene” (Apocalisse, 1:4, 1:8 e 4:8).

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In principio, la parola. Un giorno

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Genesi 1:1 In principio Dio creò i cieli e la terra.
2 La terra era informe e vuota, le tenebre coprivano la faccia dell’abisso e lo Spirito di Dio aleggiava sulla superficie delle acque.
3 Dio disse: «Sia luce!» E luce fu.
4 Dio vide che la luce era buona; e Dio separò la luce dalle tenebre.
5 Dio chiamò la luce «giorno» e le tenebre «notte». Fu sera, poi fu mattina: primo giorno.

In principio

Cosa significa principio? Fin dall’inizio della storia del pensiero (almeno in Occidente), gli uomini si sono interrogati sull’essenza della realtà, domandandosi quale fosse il principio di tutte le cose. Anche oggi gli scienziati formulano le loro teorie, cercando di definire l’origine del cosmo e della vita e di risalire al principio ultimo dell’Universo.

La Bibbia ci dà una risposta nuova, rispetto a quelle della filosofia e della scienza che si avventura nella speculazione filosofica: ci dice che solo il Signore può conoscere il vero principio, perché lui stesso e soltanto lui è questo principio. È lui che ha detto: “Io sono l’alfa e l’omega, il principio e la fine” (Apocalisse, 21:6; cf. anche 22:13). Nella Bibbia quindi il principio ha un nome, che è lo stesso nome della fine. Il Nome santo di Dio “Io sono l’alfa e l’omega, dice il Signore Dio, colui che è, che era e che viene, l’Onnipotente” (Apocalisse, 1:8). Continue reading →

La parola nelle dieci parole. Prologo

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Esodo, 20:1 Allora Dio pronunziò tutte queste parole

“Allora”: in realtà l’ebraico (vayedber ‘Elohiym וַיְדַבֵּר אֱלֹהִים) dice soltanto “e Dio disse”. Anzi, per essere ancora più precisi: “Dio disse”. Infatti, nell’ebraico biblico, usata come prefisso di un verbo, la congiunzione (ve– -וַ, che altrimenti traduciamo e o ma) ne può trasformare il senso temporale. All’inizio della frase, questa caratteristica forma verbale viene normalmente usata per indicare che ci si trova all’interno di una narrazione. E potrebbe anche essere omessa nella traduzione.

Per quanto ci riguarda, è importante ricordare che l’enunciazione delle parole che seguono – e che conosciamo come “i dieci comandamenti” – avviene in un preciso momento della storia di Israele. L’evento si svolge anche in un luogo preciso. Tempo e luogo indicano infatti l’adempimento della promessa che il SIGNORE aveva fatta a Mosè il giorno del loro primo incontro sul monte Oreb, quando gli apparve nel roveto ardente e gli affidò la missione di liberare Israele dalla schiavitù in Egitto. “E Dio disse: Va’, perché io sarò con te. Questo sarà il segno che sono io che ti ho mandato: quando avrai fatto uscire il popolo dall’Egitto, voi servirete Dio su questo monte” (Esodo 3:12). Queste dieci parole, che esprimono l’insegnamento base del SIGNORE al suo popolo Israele, vengono qui pronunciate da Dio dopo che, grazie al suo stesso intervento, la missione di Mosè è stata compiuta. Il momento e il luogo in cui vengono pronunciate indicano quindi che la missione veniva proprio dall’alto dei cieli.

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Le schiere della creazione

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“Colui che è [e] che fa i cieli e la Terra” (YHWH ‘oseh shamayim wa’aretz יְהוָה עֹשֵׂה שָׁמַיִם וָאָֽרֶץ  Salmi, 121:2) nella Bibbia è anche chiamato il SIGNORE delle schiere (YHWH tzeva’oth יְהוָה צְבָאֹות), perché governa la realtà su tutte le scale e in tutte le dimensioni.

La prima volta che si parla delle schiere del creato è nel secondo capitolo del libro della Genesi, con il primo sguardo di insieme ai cieli e alla terra dopo la loro creazione: “E furono compiuti i cieli e la terra e tutte le loro schiere” (waykullwu hashamayim weha’aretz wekol-tzava’am וַיְכֻלּוּ הַשָּׁמַיִם וְהָאָרֶץ וְכָל־צְבָאָֽם Genesi, 2:1). La parola ebraica che traduciamo con schiera, tzava’ צָבָא, ha a che vedere con l’esercito, e con l’ordine gerarchico che lo costituisce.

Ciò che segue è una breve carrellata attraverso queste schiere, secondo l’ordine  che si può più immediatamente riconoscere contemplando l’universo visibile, dalle schiere più grandi e più lontane a quelle più piccole e più vicine.

Ogni capitolo di questo articolo è solo il sommario dell’articolo a cui rimanda in questa sezione (articoli che sono in buona parte ancora da scrivere).

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