Settima parola: non commettere adulterio

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Esodo, 20:14 Non commettere adulterio.

Dopo il sesto comandamento (“non commettere omicidio”), anche questo settimo è molto breve. In ebraico è ancora più breve che in italiano. Come il sesto e l’ottavo, è composto da due sole parole: lo’ thin’af (לֹא תִּנְאָֽף), la particella negativa lo’, che si usa per i divieti di legge, e l’imperfetto/futuro di na’af , un verbo la cui radice ha a che fare con il volgersi da un’altra parte, e che significa specificamente “commettere adulterio”.

Tra l’uno e l’altro comandamento sembra che la parola di Dio faccia un salto molto grande, passando da un crimine che è riconosciuto come tale in ogni tempo e in ogni cultura a un altro che oggi in Italia, legalmente, non è neanche più un reato. Ma non è successo per caso che questo comandamento abbia perso di valore legale per la nostra società; è accaduto, piuttosto, perché, dal punto di vista di quello che riusciamo a capire, può davvero sembrare che con l’adulterio non sia successo niente di grave: “Tale è la condotta della donna adultera: mangia, si pulisce la bocca, e dice: Non ho fatto nulla di male.” (Proverbi, 30:20).

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