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Dio, se ci forma attraverso i nemici e le difficoltà che ci fa incontrare (in ebraico, “nemico”, “difficoltà” e “formare” si esprimono con parole che hanno in effetti radici molto vicine: rispettivamente, tzar צַר , tzarah צָרָה e yatzar יָצַר), attraverso la dolcezza degli amici ci ricrea e parla positivamente al nostro cuore. Certamente non solo per approvarci, ma sempre per darci qualcosa che subito (o quasi subito) riconosciamo come un bene. Perché dagli amici, di solito, ci sentiamo compresi e anche amati.
Nell’amico riconosciamo le profondità del nostro cuore. Ascoltandolo e parlando con lui, i nostri stessi pensieri e sentimenti ci diventano più chiari. Perché “come il viso si riflette nell’acqua, così il cuore dell’uomo [‘adam אָדָם, cioè “l’essere umano, maschio e femmina”] si riflette nell’uomo.” (Proverbi, 27:19).
Con gli amici condividiamo i nostri interessi, che a volte non sono che un pretesto per parlare assieme sapendo di essere reciprocamente ascoltati e, di base, apprezzati. Anche solo per stare assieme, gli amici al bar o in salotto parlano di di cinema, di macchine, di sport, di politica, o di letteratura… ; in altri contesti comunitari si parla delle Sacre Scritture, di libri spirituali, o di altre esperienze. A tu per tu, si parla più spesso dei rapporti con gli altri, dei propri problemi, delle proprie riflessioni o delle conclusioni a cui è arrivati meditando sul senso della vita, e si cerca di definire assieme una comune identità. Un “noi” in cui riconoscersi, come coppia, come famiglia, come chiesa, come gruppo di amici.