In principio, la parola. Secondo giorno

secondo-giorno

Genesi 1:6 Poi Dio disse: «vi sia una distesa tra le acque, che separi le acque dalle acque».
7 Dio fece la distesa e separò le acque che erano sotto la distesa dalle acque che erano sopra la distesa. E così fu.
8 Dio chiamò la distesa «cielo». Fu sera, poi fu mattina: secondo giorno.

 

Poi Dio disse

In realtà, il testo originale non dice “poi”, ma semplicemente “e”. Anche se il ve ebraico ha un senso più ricco del nostro “e”, non ha per questo la connotazione decisamente temporale del nostro poi. Ci dice che stiamo seguendo l’articolazione dei giorni della creazione: alla luce del giorno che abbiamo appena visto si aggiunge la luce che stiamo per vedere. La luce, cioè la chiarezza che viene dalla parola di Dio.

vi sia una distesa

Dio attraverso la sua parola mette ordine nella sua creazione. Come aveva detto “sia luce”, così ora dice “[vi] sia [una] distesa”. Come vedremo tra breve, anche questa volta il suo scopo è separare, distinguere, fare chiarezza.

Il termine ebraico che traduciamo con distesa (raqiy’a רָקִיעַ) viene da una radice che significa “pestare” (per esempio, i piedi). Distesa indica perciò un’estensione dotata di una certa solidità. Probabilmente per questo le traduzioni più antiche usano la parola firmamento, che fa pensare a qualcosa di fermo, fisso. La traduzione migliore sarebbe proprio il termine spazio, nella sua accezione moderna, quella che usiamo in espressioni come conquista dello spazio o spazio interstellare.

tra le acque

La distesa deve stare tra le acque, in mezzo alle acque. Ma di che acque si sta parlando? Vedremo tra poco che ci sono acque di sopra e acque di sotto. Entrambe sono chiamate acque (mayim מָּֽיִם). Abbiamo visto, leggendo Genesi 1:2, che fin dal principio lo Spirito aleggia sulla superficie delle acque. Quali sono queste acque su cui aleggiava lo Spirito? Di solito si pensa allo Spirito come a un vento che soffia sul mare. Ma, come abbiamo già osservato, il mare non c’era ancora. Le acque non sono ancora state separate e comunque non è specificato che lo Spirito aleggiasse solo sulle acque di sotto. Lo Spirito soffia sulla superficie delle acque, in generale.

Come il cielo (shamayim שָׁמָיִם), in ebraico anche l’acqua (mayim מַיִם) è solo plurale, e così anche la vita (chayiym חַיִּים). Vedremo più avanti che anche quaggiù l’acqua e la vita vanno sempre assieme, difatti furono le acque a produrre il primo pullulare di vita animale (Genesi, 1:20) ed è solo dopo che l’acqua è scesa sulla terra che sono spuntate le prime piante (Genesi, 2:5). Senza l’acqua non viviamo, le macromolecole che formano l’incessante groviglio delle nostre cellule non potrebbero muoversi e interagire come interagiscono: l’acqua è il loro ambiente vitale. Tutto avviene perché c’è un ambiente acqueo in cui muoversi: non solo le molecole e gli aggregati molecolari che dipendono dall’acqua per la loro stessa struttura, ma anche gli organelli cellulari, le cellule e i tessuti hanno bisogno di acqua per vivere. Sappiamo bene che senz’acqua le piante si afflosciano e si seccano, e lo stesso facciamo anche noi animali.

Gli scienziati con tutta la loro matematica non sono ancora riusciti a farsi un modello chiaro di come stanno assieme le molecole d’acqua allo stato liquido. Nonostante tutti gli strumenti osservativi oggi a disposizione, stanno ancora discutendo su come si leghino tra di loro le molecole dell’acqua che scorre o zampilla.

Ma anche allo stato solido, l’acqua ha un comportamento unico e per molti versi prodigioso, che deriva dalla sua speciale struttura molecolare. Come ben sappiamo, ghiacciando l’acqua si espande e può anche spaccare le bottiglie o schiacciare la chiglia delle navi. Tutte le altre sostanze, metalliche e non metalliche, liquide, solide o gassose, quando vengono raffreddate si addensano – cioè diventano più pesanti mentre quando vengono riscaldate si dilatano – cioè diventano più leggere. Non così l’acqua, almeno attorno a 0° C. Questa è una considerevole benedizione, perché se l’acqua si addensasse col raffreddarsi, saremmo tutti morti, o meglio non saremmo mai nati: se fosse più pesante dell’acqua liquida il ghiaccio affonderebbe e dopo un po’ tutto il mare sarebbe un unico blocco di ghiaccio che non si scioglierebbe mai più. È grazie al fatto che invece galleggia che il ghiaccio forma una calotta protettiva e isolante per l’acqua di sotto, rimanendo per altro esposto alla radiazione solare.

L’acqua insomma anche quella che conosciamo e di cui facciamo quotidianamente esperienza è un elemento misterioso e benedetto, condizione ed espressione della vita come l’ha creata il Dio Vivente (Elohyim Chayiym). In ebraico, l’acqua e la vita si incontrano anche in un’espressione che ricorre varie volte nella Bibbia:acqua viva (mayim chayiym). Quest’espressione letteralmente significa “acqua corrente” (cf. Genesi, 26:19 dove si parla di un “pozzo d’acqua viva”, probabilmente una risorgiva), ma spiritualmente si riferisce all’acqua della vita che solo Dio può dare. Attraverso il profeta Geremia, il Signore rimprovera infatti Israele di avere trascurato la sua acqua: “Il mio popolo infatti ha commesso due mali: ha abbandonato me, la sorgente d’acqua viva, e si è scavato delle cisterne, delle cisterne screpolate, che non tengono l’acqua” (Geremia, 2:13).

Gesù ha parlato ancora dell’acqua viva, proprio di fronte a un pozzo dove l’acqua non scorreva, dicendo alla donna con cui aveva iniziato la sua conversazione, che chi beve dell’acqua che si può raccogliere dal pozzo avrà sete di nuovo, ma che lui aveva da dare dell’acqua diversa da quella del pozzo, dell’acqua viva appunto (Giovanni, 4:10). “Chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete; anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una fonte d’acqua che scaturisce in vita eterna» (Giovanni, 4:13).Più avanti è scritto che durante la festa delle Capanne a Gerusalemme, il giorno più solenne della festa, “Gesù stando in piedi esclamò: «Se qualcuno ha sete, venga a me e beva. Chi crede in me, come ha detto la Scrittura, fiumi d’acqua viva sgorgheranno dal suo seno»” (Giovanni, 7:37-38).

La Scrittura precisando aggiunge che Gesù “disse questo dello Spirito, che dovevano ricevere quelli che avrebbero creduto in lui.” (Giovanni, 7:39). Le cose materiali non servono a nulla, perché prima o poi finiscono. Ma c’è un’acqua che è vivificata dallo Spirito e che continua a scorrere per l’eternità. “È lo Spirito che vivifica; la carne non è di alcuna utilità; le parole che vi ho dette sono spirito e vita” (Giovanni 6:63).

che separi le acque dalle acque

Scopo della distesa è separare le acque dalle acque. L’originale dice “e sia separazione tra acque e acque” (viyhiy mavdyil beyn mayim la-mayim וִיהִי מַבְדִּיל בֵּין מַיִם לָמָֽיִם). Questo è il suo scopo, l’essenza dello spazio: separazione. Dio stesso aveva diviso la luce dalle tenebre. Ora ordina che qualcos’altro esista per operare la desiderata separazione. L’operazione resta comunque la stessa.

La parola di Dio è altrove paragonata a una spada (Efesini, 6:17). Nella lettera agli Ebrei è scritto anzi che la parola vivente è più affilata di qualsiasi spada “e penetrante fino a dividere l’anima dallo spirito, le giunture dalle midolla; essa giudica i sentimenti e i pensieri del cuore” (Ebrei, 4:12).

Poco più avanti, in Genesi 3:24, si legge che Dio pose degli angeli (cherubyim) che vibravano una spada fiammeggiante per separare l’uomo peccatore dal luogo dove passeggia il Signore e cresce l’albero della vita. Ci torneremo, ma possiamo già vedere che la parola produce anche separazione. Gesù stesso ha detto: “non pensate che io sia venuto a mettere pace sulla terra; non sono venuto a metter pace, ma spada. Perché sono venuto a dividere il figlio da suo padre, la figlia da sua madre, la nuora dalla suocera” (Matteo, 10:34-35).

Dio fece la distesa e separò le acque che erano sotto la distesa dalle acque che erano sopra la distesa.

Come abbiamo appena osservato, l’ordine di Dio questa volta non viene obbedito immediatamente, come era successo al solo pronunciare la parolaluce. Dio infatti “fece la distesa”. Il verbo “fare” implica un lavoro e degli strumenti, una produzione. Per la luce era bastata la parola, perché la parola è già luce. La distesa, il firmamento richiede invece un certo lavoro. Inoltre, mentre la luce non cesserà mai di essere, lo spazio, il firmamento sarà tolto e cambiato. Quando verrà il giorno del Signore “i cieli passeranno stridendo, gli elementi infiammati si dissolveranno” (2Pietro, 3:10). Ogni opera verrà alla fine distrutta, compreso questo cielo, perché avrà compiuto il suo scopo.

Nel prossimo capitolo è scritto che “il settimo giorno, Dio compì l’opera che aveva fatta (melakhto asher ‘asah מְלַאכְתֹּו אֲשֶׁר עָשָׂה), e si riposò il settimo giorno da tutta l’opera che aveva fatta (michol-melakhto asher ‘asah  מִכָּל־מְלַאכְתֹּו אֲשֶׁר עָשָֽׂה)” (Genesi, 2:2) “Dio benedisse il settimo giorno e lo santificò, perché in esso Dio si riposò da tutta l’opera che aveva creata e fatta”. Il testo ebraico in Genesi 2;3 dice più precisamente: “da tutta l’opera che aveva creata per fare” (mikhol-melakhto asher-bara’ Elohim la’asoth מִכָּל־מְלַאכְתֹּו אֲשֶׁר־בָּרָא אֱלֹהִים לַעֲשֹֽׂות). Alla creazione si aggiunge la fatica. Uno scopo esterno alla cosa creata. L’opera creata è uno strumento per raggiungere uno scopo.

La parola usata per “opera” ha la stessa radice della parola che viene usata per indicare gli angeli, gli strumenti di cui Dio si serve per operare. Anche su questo torneremo in seguito. Limitiamoci per ora a constatare che, facendo la distesa, Dio ottenne quello per cui la distesa era stata fatta, separò cioè le acque che stavano sopra la distesa da quelle che stavano sotto la distesa.

La separazione determina un sopra e un sotto. Ma sarebbe forse meglio dire piuttosto che lo evidenzia. Perché le acque avevano già una posizione, o una tendenza. L’originale parla  infatti delle “acque che [sono] da sotto la distesa (ha-mayim asher mi-takhath la-raqyia’ הַמַּיִם אֲשֶׁר מִתַּחַת לָרָקִיעַ)” e delle “acque che [sono] da sopra la distesa (ha-mayim asher me’al la-raqyia’ הַמַּיִם אֲשֶׁר מֵעַל לָרָקִיעַ)”.

Dio non costringe e non forza le cose, piuttosto pesa e discerne gli spiriti (Proverbi, 16:2). Nel caso delle acque riconosce e definisce una direzione. Anche qui compie un giudizio. “Poiché a chiunque ha, sarà dato ed egli sovrabbonderà; ma a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha” (Matteo, 25:29). Dice l’angelo a Giovanni alla fine della sua rivelazione “Chi è ingiusto continui a praticare l’ingiustizia; chi è impuro continui a essere impuro; e chi è giusto continui a praticare la giustizia, e chi è santo si santifichi ancora” (Apocalisse, 22:11).

E così fu. Dio chiamò la distesa «cielo».

Ecco il secondo chiarimento: la distesa è quindi il cielo, di cui nel primo verso della Bibbia è scritto che Dio lo creò in principio. Quel verso appare così non un prologo al primo giorno, ma come il titolo di tutto il capitolo, o piuttosto come l’affermazione generale che tutto quello che si presenta ai nostri occhi, Dio lo creò in principio. Perché il principio non è separato dal seguito: non smette di valere, fino al suo compimento.

Oggi possiamo vedere abbastanza chiaramente – anche gli scienziati devono ammettere – che “così fu”, cioè che ci fu davvero un’immensa separazione tra le acque che stanno sopra il cielo (che occhio non ha mai visto) e le acque che stanno sotto il cielo, e con cui ci possiamo bagnare. Perché, nonostante l’ossigeno e l’idrogeno di cui è composta l’acqua siano tra gli elementi più comuni nell’Universo, sappiamo che di acqua allo stato liquido nello spazio praticamente non ce n’è (sappiamo anche che la nostra atmosfera, dove attraverso l’evaporazione e le precipitazioni si produce il ciclo dell’acqua che abbiamo studiato a scuola, è circondata da uno scudo protettivo, detto ionosfera o anche termosfera – perché è elettricamente carica e infuocata – attraverso il quale non può passare nessuna molecola d’acqua).

Parlando dei cieli, abbiamo detto prima che, almeno come li sta scoprendo l’astronomia, sono effettivamente una struttura estesa, uno spazio organizzato gerarchicamente, come una cosmica rete (gli astrofisici parlano correntemente di cosmic web): una realtà immensa, che man mano si sono accresciute le nostre conoscenze è cresciuta anche in dimensioni.

Fino agli anni ’30 gli astronomi pensavano infatti che l’Universo, comunque già molto più esteso di quanto lo pensassero gli antichi, coincidesse con la nostra Galassia. Oggi sappiamo con sufficiente certezza che la nostra è solo una di molti milioni di altre galassie (che a noi appaiono come puntini nel cielo per lo più invisibili a occhio nudo, comunque non molto dissimili dalle nebulose interne alla Via Lattea). Oggi i confini dell’Universo sono stati stimati a oltre una decina di miliardi di anni luce dal gruppo di galassie a cui apparteniamo. Già un solo anno luce è una distanza invalicabile per qualsiasi concepibile mezzo di trasporto spaziale (con i nostri mezzi, per coprire un’ora luce ci vogliono degli anni). I cieli quindi stanno effettivamente facendo il loro lavoro di separazione tra le acque. E le acque che stanno sopra il cielo appaiono nella loro invalicabile distanza e nella loro natura divina. Sopra i cieli c’è il trono di Dio. “Il SIGNORE è nel suo tempio santo; il SIGNORE ha il suo trono nei cieli” (Salmi, 11:4). Le acque che sono lì sopra sono chiamate a lodare Dio il Signore assieme ai suoi santi angeli. Alleluia. Lodate il SIGNORE dai cieli; lodatelo nei luoghi altissimi. Lodatelo, voi tutti i suoi angeli; lodatelo, voi tutti i suoi eserciti!  Lodatelo, sole e luna; lodatelo voi tutte, stelle lucenti! Lodatelo, cieli dei cieli, e voi acque al di sopra dei cieli!” (Salmi, 148:1-4).

Le acque di sopra sono acque che tendono verso l’alto. Nella Gerusalemme celeste, l’acqua della vita sgorga direttamente dal trono di Dio “Poi mi mostrò il fiume dell’acqua della vita, limpido come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell’Agnello” (Apocalisse 22:1-2).

Gesù è venuto dal cielo per farci conoscere le realtà del cielo. Giovanni il battista ne ha reso testimonianza riconoscendo la propria natura terrena e la natura divina di Cristo: “Colui che viene dall’alto è sopra tutti; colui che viene dalla terra è della terra e parla come uno che è della terra; colui che vien dal cielo è sopra tutti” (Giovanni, 3:31).

Come ha scritto Paolo, citando a senso Isaia, che profetizzava di Cristo: “Le cose che occhio non vide, e che orecchio non udì, e che mai salirono nel cuore dell’uomo, sono quelle che Dio ha preparate per coloro che lo amano” (1Corinzi, 2:9). L’acqua della vita che il Signore Gesù ha promesso a coloro che credono in lui è l’acqua che scorresopra il cielo, un’acqua che noi non possiamo ancora conoscere se non per la grazia e la rivelazione di Dio, che ci hanno dato un anticipo della realtà del cielo, ciò a cui Paolo si riferisce altrove parlando della “caparra dello Spirito” (2Corinzi, 1:22 e 5:5). L’acqua viva che viene dallo Spirito Santo e ci porta a considerare le cose che sono in alto. “Se dunque siete stati risuscitati con Cristo, cercate le cose di lassù dove Cristo è seduto alla destra di Dio. Aspirate alle cose di lassù, non a quelle che sono sulla terra” (Colossesi, 3:1-2).

Fu sera, e fu mattina: secondo giorno.

Un altro ciclo. In ebraico, l’aggettivo secondo (shniy שֵׁנִֽי) ha la stessa radice della parola che significa “anno” (shanah שָׁנָה), una radice che significa sia “ripetere” che “cambiare”. Di nuovo un giorno, un altro giorno, che darà luogo a un terzo. Perché ne finisce uno e ne comincia un altro, una nuova luce per nuovi chiarimenti e specificazioni.

 

 

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